9 Aprile 2014
Huracán, come il nome di un mitico toro spagnolo rimasto imbattuto nella corrida di Alicante, nell’agosto del 1879. Il modello Lamborghini Huracán LP 610-4 è puro toro da combattimento a 4 ruote. Al Salone di Ginevra, lo scorso marzo, il suo radar ha scavato una nuova partitura nel sound delle automobili, grazie anche a un ciclo di 60 tappe promozionali e 130 eventi riservati a clienti dalle forti aspirazioni (li ha individuati l’amministratore delegato e presidente Stephan Winkelmann in persona). Nel video di lancio (One man, one car, one mission) fa capolino una tempesta su Oklahoma City, quasi fosse un misto di “fantascienza e lampi” scritto da Nigel Kneale. Un uomo a riposo nel suo loft riceve una telefonata. Il livello d’allarme, fuori, è alto: “You need to get out!” (“Devi andartene!”), gli intima una voce di donna dall’altra parte. Sarebbe difficile lasciare la City se non fosse per quella Coupé nemmeno troppo lontana da lì. Ed è a bordo dell’erede della Gallardo – supersportiva, filante, indomita, riadattata agli istinti selvatici dell’uomo – che l’avventura ha inizio.
Più che un toro della razza spagnola Conte de La Patilla, la Lamborghini Huracán LP 610-4 è un teatro di posa, una macchina d’attacco che squarcia l’asfalto. Il design targato Filippo Perini è quasi fuori controllo, vola sulle gomme: bordi appuntiti, volumi monolitici piuttosto scolpiti, muscolatura sovversiva. La colonna vertebrale che percorre ai lati la Huracán ha un tocco western, artificioso e animale al tempo stesso, mentre i finestrini in groppa chiudono il sistema esagonale della supercar. Una supercar da 201 mila euro, per inciso. Rimane l’identità cuneiforme, 2 porte, 2 posti, che impreziosisce tutte le Lambo, ma la sensazione, osservando le ruote e le fiancate, è che questo modello abbia un’energia molto più terrena rispetto ai prototipi passati, che la sua fedeltà al rettilineo o alla roccia sia una lotta armata e spietata come nelle opere di Sam Peckinpah. Su strada, i suoi slanci le fanno perdere forma, la confondono con l’aria. “Nel progettarla abbiamo usato un concetto semplice – ha spiegato alla stampa Winkelmann –, quello della tecnologia istintiva. Da una parte, come tutte le Lamborghini, è piena di innovazioni, dall’altra è una macchina che pare fatta su misura per ogni guidatore. Molto confortevole in città e sul misto, molto veloce e sicura in pista”.
Il cuore della Huracán LP 610-4 somiglia a una macchina da presa giroscopica, una steadycam da esterni. È il motore centrale aspirato V10, visibile ad occhio nudo dietro il posto di guida, con una potenza massima di 610 HP, coppia massima di 560 Nm, classe di emissioni Euro 6. Il telaio non ha limiti: per la prima volta abbiamo a che fare con un ibrido in alluminio e fibra di carbonio. Se a questo aggiungiamo anche la nuova trazione integrale, allora, per il guidatore, “l’istinto del futuro”, frase di lancio del modello, assume una vita tutta sua, indipendente dalla percezione della realtà. Che ci sia cuore e che il colore fiammante trasmetta quel punto di vista mobile tipico delle Lamborghini, lo dimostra anche un pulsante (rosso) collocato sulla parte inferiore del volante, tramite cui è possibile selezionare tre posizioni differenti: strada, sport, corsa. I comandi elettronici che comunicano col motore rendono lo scafandro dell’auto una sorta di teletrasporto intraducibile: cambio a 7 rapporti con doppia frizione, sterzo e sospensioni, circuito idraulico a due vie con servofreno a depressione, pinze a sei pistoncini per la frenata anteriore e a quattro pistoncini per quella posteriore. L’abitacolo è forse l’oggetto più distaccato dall’idea di “macchina del tempo” subatomica, e si ispira, giustappunto, alle GT fuori tempo.
Secondo Filippo Perini, il lavoro del team Lamborghini ha portato anche a una pulizia dei lineamenti, calibrando efficienza aerodinamica e pulizia delle superfici concave, “cosa mai fatta prima: i parafanghi hanno una conformazione sinuosa, sensuale, che io paragonerei al bacino di una donna”. L’esplosione di sensualità in Huracán piove dal cofano, un po’ astratto e indefinito, un po’ letteratura hardboiled e saggio scientifico, con quei fari/lama a Led orizzontali che, a detta del designer, richiamano le sculture di Fontana: “Perché pur nella pulizia delle linee, vogliamo trasmettere un messaggio: prestate attenzione, una Lamborghini sa essere anche tagliente”. Lame che somigliano a luminarie ben assestate e rendono la personalità ottica di questo oggetto un ingranaggio incassato nella strada, tenuto fermo dalla pista. Ed è in questo incastro che è situato il polo tramite cui scocca la scintilla con il guidatore, per “una precisione di guida degna di una vettura da corsa grazie a una straordinaria rigidità”.
Stephan Winkelmann al Salone di Ginevra ha raccontato il suo “trucco” in un mondo che ha perso la magia, soprattutto in un’Europa dominata dalla stagnazione finanziaria: “Siamo piccoli, snelli nell’agire, e allo stesso tempo presenti nel team. Siamo un migliaio di persone che lavorano con molta passione. Il mercato è ristretto e solo se si è capaci di costruire un mito, come è accaduto a Lamborghini negli ultimi decenni, si può avverare il sogno. Poi occorre investire anche in tecnologia”. E a proposito di sogno, Winkelmann ora è parecchio attento a chi chiede un desiderio da esaudire, scegliendo o attirando a sé il potenziale acquirente intenzionato a lanciarsi in investimenti alti: ne vuole conoscere i particolari, gli hobby, le abitudini, i segreti. In nome di una realtà oggettiva, quella della Lamborghini, sempre in ascolto della nicchia, di una determinata élite che incarna ancora la forza della società.
Una vettura come la Huracán LP 610-4 è tutto questo ma, sopra ogni cosa, è un’icona. Un elemento somatico in grado di risvegliare relazioni emotive con il cinema e l’alambicco dell’arte. Da Crash di David Cronenberg a Christine di Carpenter/King. Il modello Lamborghini è, più di tutti, la “nuova carne” del conducente, mescolata con la ricerca di ipotesi “mediali” del corpo umano: status symbol, contaminazione, sfida, competizione, identità. Quasi una fusione molecolare, un corpo visivo, un prolungamento. Huracán arriva in un momento di passaggio ben definito, dalla realtà all’impressione, dalla potenza all’impotenza del driver. La cecità del pilota in mezzo alle spie Led è filtrata da molti aspetti ultramoderni, arcani incantatori di un darwinismo automobilistico. Siamo lontani dai corteggiamenti mortali uomo-macchina di Cronenberg, eppure la fascinazione inghiotte chi guarda nella stessa oscurità, nello stesso desiderio.
Lamborghini, con la sua estetica, la sua grazia, è una forma d’allucinazione à bout de souffle che arriva da Burroughs e dilaga nella schiavitù del tempo. Portandosi appresso il regno circolare delle supercar, quel mercato high-end europeo che, secondo il New York Times, “nonostante abbia problemi a far uscire dal Salone modelli da 15.000 dollari, riesce con facilità a vendere una macchina che ne costa 200.000”. Le oltre 1.000 prenotazioni della Huracán LP 610-4 e il clamoroso successo della Gallardo, venduta in 14.000 esemplari, ci raccontano un gioco di potenza e di geometrie che passa per il design e il vano motore (nell’ultimo modello il contributo è quello della tecnologia Forged Composite, brevetto esclusivo Lamborghini). “Diversi Paesi, diverse regole sulle emissioni, diverse esigenze, ma la filosofia del motore aspirato montato longitudinalmente alle spalle del pilota e le peculiarità di guida che questo tipo di propulsore offre sono nel DNA della Lamborghini e rappresentano un punto di forza della Huracán”, ha dichiarato Winkelmann.
E come in ogni (ultra)corpo, il dettaglio, se ben capito, è micidiale. Mentre il telaio ibrido è realizzato in alluminio e fibra di carbonio, la carrozzeria è costruita con uno strato esterno in alluminio e materiali compositi. Le sospensioni sono progettate a triangoli sovrapposti in alluminio, le molle in acciaio e gli ammortizzatori a controllo magnetoreologico. Il plus è l’utilizzo dell’elettronica di controllo con reazioni del motore, delle sospensioni, dello sterzo, che possono essere modificate attraverso la piattaforma inerziale Anima: 3 accelerometri e 3 giroscopi “calati” nel centro di gravità del veicolo. Lo sterzo Lds a rapporto variabile è disponibile come optional. Le gomme sono griffate Pirelli PZero di ultima generazione: 245/30 R20 davanti e 305/30 R20 dietro. Le prestazioni: velocità massima oltre 325 km/h, da 0 a 100 km/h in 3,2 secondi, da 0 a 200 km/h in 9,9 secondi. Le consegne del modello Lamborghini Huracán cominciano dal mese di giugno, ma sono già entrate nella storia. Ricorrono, inoltre, i 50 anni dalla presentazione della 350 GT, primo modello di serie della Casa di Sant’Agata Bolognese, destinato a competere con Ferrari e a varcare la mitologia.
Forse, uno dei momenti in cui i clienti Lamboghini dall’animo rock si sono più riconosciuti nelle proprie auto, è stato quello in cui il leader degli AC/DC Brian Johnson ha dichiarato di amare il brand, fino a trascorrere una mattinata a Sant’Agata Bolognese, insolita e improvvisata Hall of Fame del rock. Il cantante ha visitato la fabbrica della Automobili Lamborghini con una troupe del canale Quest, per il quale Johnson conduce un programma sulle vetture-monumento dell’automobilismo mondiale (titolo: Cars That Rock). Il cantante si è introdotto nella linea di assemblaggio della Aventador e ha visitato il CKF, centro in cui è prodotta la monoscocca in carbonio della vettura. È questa una delle immagini più cronenberghiane della storia della Lamborghini, la forma d’ibridazione tra uomo e macchina, una dissoluzione del confine organico-inorganico, animus et anima, tra natura e cultura. Rock e pneumatico. Come impongono i tempi effimeri che viviamo.