13 Giugno 2013
“Il mio lavoro non è assolutamente artistico e non ci tengo a passare per un artista. L’impegno stesso del fotografo non dovrebbe essere artistico, ma sociale e civile”. Mi è capitato più di una volta, negli anni, di scrivere di Gianni Berengo Gardin. Ho sfogliato nel suo studio parte del suo immenso archivio: dal Lido di Venezia alla Toscana, dai manicomi alle fabbriche. Una volta abbiamo anche lavorato assieme per documentare il dietro le quinte di una prima alla Scala. L’appuntamento era ai laboratori dell’ex Ansaldo, dove stavano completando le scenografie. Entrambi puntali. Io in qualche modo emozionata, ma soprattutto curiosa. Lui con una minuscola Leica al collo. Maestranze al lavoro. Monumentali cavalli di legno. Enormi fondali di carta. “Che cosa vuoi che fotografi?”. Un modo di porsi al mondo. Una lezione di vita prima che di sguardo. Un ricordo. L’arte, a volte, è negli occhi di chi osserva. L’impegno è garbo.
Gianni Berengo Gardin. Storie di un fotografo
Palazzo Reale
A cura di Denis Curti
Milano
14 giugno – 8 settembre