11 Marzo 2016
Il titolo di questo volume, che racconta la carriera di Frank Horvat (1928) dagli anni Cinquanta all’inizio dei Novanta, è una frase in apparenza innocua che il celebre fotografo era solito ripetere alle sue modelle: “Per favore, non sorridere”. Nel tentativo di svecchiare l’ideale femminile imposto delle riviste di moda, Horvat provò anche a introdurle al metodo Stanislavskij, che però alle ragazze ispirava soprattutto crisi e pianti. È lui stesso a raccontare tutto questo, in forma diaristica e in ordine cronologico, per fornire una cornice più intima agli scatti riportati nel libro, da quelle iconiche a quelle meno note. Una scelta indovinata che arricchisce l’esperienza del lettore, il quale si ritrova al cospetto di uno scrittore mancato, che da giovane scambiò la sua collezione di francobolli con una macchina fotografica di seconda mano per avere più successo con le donne. Chissà chi, sfogliando, riconoscerà Horvat – seguace di quell’Henri Cartier-Bresson che definì i suoi lavori un “pastiche” – nei suoi primi reportage in Pakistan, scattati nel quartiere a luci rosse “perché lì le donne non indossano il burqa e ti guardano negli occhi”. Dietro ogni scatto o aneddoto c’è uno spaccato di storia della fotografia vissuto da uno dei suoi protagonisti più eclettici, che dopo la partecipazione alla mostra The Family of Man (1955) al MoMA, ha calcato le scene editoriali più prestigiose, da Vogue a Harper’s Bazaar, e che non ha mai avuto paura di sperimentare, prima fotografando per strada, quindi tagliando gli abiti sponsorizzati fuori dall’inquadratura e, infine, spogliando il set di ogni orpello per ottenere immagini senza tempo. Dopotutto, aspirare all’eternità è una contraddizione interessante per un fotografo di moda. Pubblicato da Hatje Cantz.