15 Ottobre 2014
I grandi maestri anticipano le tendenze future. Alvar Aalto è stato tra i primi, nel 1935, a divenire produttore di se stesso, fondando con la moglie Aino Marsio la ditta Artek e inaugurando così il filone, oggi più che mai seguito, dei designer-imprenditori. E si è avvicinato al mondo dell’arte attraverso le collaborazioni con Hans Arp, Alexander Calder e László Moholy-Nagy, avviando un dialogo tra le discipline ora molto in voga. La retrospettiva Second Nature al Vitra Design Museum indaga in maniera puntuale anche questo aspetto del suo lavoro, rivelando come l’attenzione all’organicismo astratto e all’informale non fosse una semplice suggestione, ma uno scambio effettivo con altri importanti protagonisti dell’epoca. Creatività e progettazione convivono all’interno di una visione olistica nella quale spazio, uomo e oggetto sono sempre interrelati. Una visione che si manifesta in ciascuno dei suoi prodotti-icona: dalla Paimio Chair agli sgabelli per la Biblioteca di Viipuri (Stool 60), dal vaso per l’Hotel Savoy (Savoy Vase) al carrello per la Villa Mairea (Tea Trolley 900). In un mondo sempre più votato alla specializzazione, il progetto aaltiano di largo respiro ci fa riflettere su come il vero organicismo non dipenda da forma, materia o processo, ma da tutti questi elementi messi assieme, da un’osservazione attenta della natura, della vita. Come diceva Alvar Aalto, “il miglior comitato di standardizzazione esistente è la natura stessa”.