15 Settembre 2015
Capita raramente che una persona che non hai conosciuto, e che non c’è più, sia ancora così presente tra le maglie di una città veloce e distratta come Milano. La figura di James Irvine non smette di materializzarsi nei discorsi, nei gesti e nei luoghi di chi ha ammirato il suo lavoro di designer e le sue qualità umane e relazionali. La monografia pubblicata da Phaidon traduce perfettamente in parole e immagini il fascino di Irvine e la poderosa rete che seppe costruire a Milano e nel mondo: un intreccio felice e multiforme di intelligenze che ha superato i confini del design, confrontandosi sulle cose della vita. Scorrere queste pagine – accompagnati dagli aneddoti e dalle riflessioni di illustri colleghi e amici di James come Konstantin Grcic, Jasper Morrison, Marc Newson, Michele De Lucchi – significa ripercorrere le tappe di una vita, ma anche affrontare in modo insolito capitoli importanti di storia del design, di cui Milano è stata la culla e James uno dei più abili tessitori. “Figlio” di Sottsass, capace di mettere in relazione aziende come Muji e Thonet, Irvine è stato fedele a uno stile di progettazione rispettoso del potere culturale e sociale degli oggetti, che non ha mai cercato di stravolgere e che invece ha sempre puntato a rimodulare con intelligenza. Questo ritratto a più voci in forma di libro – efficacemente orchestrato da Studio Irvine e Francesca Picchi – viene presentato stasera alla Triennale di Milano, ore 18.30, in compagnia della città che non smette di radunarsi attorno a Irvine e alla sua opera.