4 Maggio 2012
Swanlights, Antony and the Johnsons with Symphony Orchestra, commissioned by The Museum of Modern
Se negli anni Novanta un artista era cool quando dichiarava nel proprio curriculum almeno due città di residenza (possibilmente agli antipodi del globo), oggi al pedigree cosmopolita non si fa quasi più caso, mentre si stanno moltiplicando gli intellettual-creativi con doppia o tripla competenza, tipo artista e architetto, designer e musicista, etc. Ora che il mondo iperconnesso è alla portata di tutti, la commistione tra i saperi è la nuova frontiera. Dopo tanta teoria sulla contaminazione culturale, anche l’artworld sta (ri)cominciando a desiderare unioni con altre discipline. Sicuramente le nuove generazioni, educate all’ibridazione della Rete, non sanno che farsene dell’autonomia dell’arte. Ma i segnali si moltiplicano anche a livello istituzionale. Per esempio, la programmazione del MoMA/PS1, firmata Klaus Biesenbach, con esperimenti come la retrospettiva dei Kraftwerk. O il Palais de Tokyo, che riparte dopo mesi di lavori con un assetto multimediale. E, ancora, la summer school “all’insegna dell’interdisciplinarietà” del Castello di Rivoli. Una nuova energia creativa si sta liberando. This is Tomorrow. Come diceva il gruppo di architetti, artisti, musicisti e designer che, nel 1956, metteva insieme l’omonima mostra alla Whitechapel.